IMAGO TERRA
Questo progetto fotografico più di ogni altro finora affrontato mi ha posto difronte al solito problema:
cosa voglio da queste fotografie?, Perché le faccio?, Cosa devono raccontare e come possono farlo?
Fotografare una cava in modo banale è quanto accade alla gran parte dei fotografi che provano a cimentarsi con questo tema.
Alla fine sono solo pietre e la loro grandezza e magnificenza è difficilissima da trasmettere attraverso una fotografia. Risulta sempre tutto più piccolo. Molto più piccolo.
E poi il caldo asfissiante, la polvere, il rumore e la paura di un incidente sempre pronto ad accadere. E ancora la grandezza dello scempio e la forza incredibile della natura rispetto alla piccolezza, fisica e mentale, dell’ essere umano che sfrutta e scava senza sosta.
Volevo rappresentare tutto questo contemporaneamente?
No, anche perché non sono un fotoreporter e poi in questo caso la mia attenzione è sempre stata rivolta alla cava e non agli uomini; così ho cominciato a capire di avere fatto una scelta di campo: eliminare la figura umana.
Durante il periodo dello shooting sono stato più volte all’interno delle cave di marmo per due mesi consecutivi, volutamente i più caldi dell’anno, luglio ed agosto. Avevo bisogno della massima intensità di luce possibile e del caldo asfissiante che non ti fa respirare. Una sorta di castigo che mi sono inflitto convinto che così avrei percepito maggiormente la grandezza della Natura nel tentativo di cercare qualcosa che comunque durante gli scatti non avevo bene individuato, percepivo qualcosa ma non trovavo la modalità per farla affiorare.
Provavo la necessità di trasmettere la forza ed il pensiero della terra ma per lungo tempo non sono riuscito a fare niente.
Le fotografie sono rimaste al buio della memoria digitale , quasi in punizione, per mesi.
Le inquadrature c’erano, i tagli e la composizione anche, la scelta di non inserire la figura umana pure, ma non trovavo la strada per arrivare a lei: la grandezza della Terra che ti invade quando si entra in una cava e ti stordisce con la sua potenza.
Sono sempre stato attratto dalle cave, ho cominciato a frequentarle all’età di 26 anni per motivi di studio e da quel momento sono entrate nei miei pensieri in modo pressoché costante.
Ci sono voluti altri 26 anni per realizzare e terminare un lavoro che per me avesse realmente un senso.
Ho cercato di trovare almeno un elemento nascosto, una sensazione, un’aura che certamente è presente ma spesso non si vede.
Allora ho cercato dentro le immagini.
Sono entrato dentro la Terra per fotografare la cava e dentro le immagini per cercare ciò che non si vede.
Mi sono trasformato in un ricercatore più che in un fotografo … e così ho trovato il nero, in opposizione alla luce accecante di quei luoghi, e con esso una moltitudine di figure che rimandano a proiezioni inconsce ed a come generalmente si immagina l’interno della Terra.
Ho avuto finalmente la sensazione di avere fotografato per un attimo l’inconscio terrestre. Ovviamente è solo una proiezione ma questo lavoro è esattamente questo: Imago Terra (un’immagine della terra).
Ognuno di noi ci vedrà quello che sa e ciò che sente, ma per me rappresenta l’invisibile che finalmente si è mostrato.
L’inconscio della terra.
Hilmann dice che nella nostra psiche inconscia ci imbattiamo per caso, ci inciampiamo.
Credo che a me sia capitato di inciampare nella psiche della terra, per una pura casualità mi pare di averla vista sebbene nel breve tempo di uno scatto.
Tutte le fotografie del progetto sono il semplice sviluppo del negativo digitale. Non ci sono negativi analogici, né fotomontaggi, né trucchi di alcun tipo.
Sono solo fotografie che per un attimo ci rivelano la parte nascosta del pianeta che ci ospita.
© 24 febbraio 2017 | Aldo Sardoni
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